Il termine adolescenza deriva dal latino “adolescere” che significa crescere e, infatti, questa fase di vita risulta indicativa di una transizione, da una condizione di vita infantile ad una adulta, che porta con sé una mutazione, che non contempla soltanto l’aspetto biologico, ma anche il rapporto con il proprio sé e con “l’altro da sé”. L’adolescente non si percepisce più come dipendente dal sistema familiare; inoltre, in parallelo, aumentano le stimolazioni che dal mondo esterno centralizzano la
sua attenzione. Cambiano gli ordini di priorità, molte certezze che prima apparivano consolidate vengono messe in discussione, mutano il sistema di rappresentazioni e gli schemi interpretativi della realtà, aumentano la frequenza e l’intensità dei rapporti col gruppo dei pari, nel quale si cerca il riconoscimento e la definizione della propria nuova identità. Ed è in questo contesto, incerto, ma nello stesso tempo alla ricerca di “identificazioni” che può incombere la droga.
Come fare a riconoscere se un figlio fa uso di droghe? Quali sono i campanelli d’allarme?
Un/a ragazzo/a che fa uso di droghe lo si riconosce ad esempio dalla rottura con lo stile di vita precedente, attraverso cambiamenti dell’umore, del ritmo sonno-veglia, con modifiche anche sullo stile alimentare, del comportamento e del rendimento in senso peggiorativo a scuola, negli orari di rientro a casa, sempre più dilatati e fonte di contrasto coi genitori. A livello comportamentale aumentano gli scoppi d’ira, l’aggressività, l’isolamento. Un obiettivo molto difficile da raggiungere con gli adolescenti è l’ammissione del problema. Molti di loro trascurano gli effetti dannosi che anche le droghe leggere possono generare sul cervello, in termini anche di slatentizzazione di psicosi, episodi deliranti, rabbia, condotte antisociali. La variabilità degli effetti è ampia e soggettiva, molto dipende dalla tolleranza fisica di ciascuno e dai miscugli che si fanno. Molto spesso infatti, anche coloro che vendono queste sostanze non sanno esattamente cosa stanno vendendo.
Perché ci si droga?
Gli adolescenti, proprio perché attraversano una fase di vita molto delicata, sono fragili. Il loro avvicinarsi alla droga, rappresenta dal punto di vista psicologico, un “mascherato” grido di allarme. Dobbiamo familiarizzare col fatto che non verranno mai da noi genitori, a chiedere espressamente aiuto, ma lo faranno con dei comportamenti estremi, perché sono come delle automobili con i freni poco funzionanti e con gli acceleratori sempre inseriti. Dietro la loro ricerca di droga si cela un disagio, una sofferenza, un problema di identificazione anche sessuale, una difficoltà di integrazione o anche l’espressione di un malessere familiare.
Cosa possono fare i genitori?
La prima cosa da fare è abbandonare i giudizi, rintracciare l’adolescente che si cela dentro di noi, e provare ad avvicinarci al loro mondo, avendo cura di guardarlo coi loro occhi. La coppia genitoriale deve funzionare sinergicamente, trasmettendo ai ragazzi l’idea che in essa, non ci siano “vuoti” in cui inserirsi. I ragazzi non cercano in noi degli amici, ma dei punti di riferimento, non intesi, nell’aspetto giudicante. Cercano in noi l’autorevolezza, ma anche l’assertività e l’affettuosità. Questi problemi si gestiscono, prima di tutto, individuandoli, poi parlandone, attraverso un dialogo aperto e amorevole, con il supporto di uno specialista psicologo-psicoterapeuta e di un eventuale percorso familiare, considerando, a seconda della gravità, anche la possibilità di inserimenti in comunità.
MEDICINA & PROFESSIONISTI DELLA SALUTE
Simona Novi - psicologa, psicoterapeuta