La personalità dipendente attiva degli schemi di pensiero disfunzionali, a livello subliminale è come se inviasse all’altro un messaggio: “Io non valgo se esisto da solo, il mio valore dipende dal valore che gli attribuisci tu”.
La personalità dipendente avrà il proprio focus attenzionale focalizzato sull’altro invece che su stesso, avrà un basso senso di autoefficacia percepita (A. Bandura) e avrà un Locus of control esterno (J. B. Rotter), ossia penserà che il proprio destino possa essere “salvato” solo dall’altro. Questo metterà l’altro nella condizione di avere un grosso potere al quale il dipendente si sentirà sottomesso, per finire in un rapporto dove viene alterato il valore della coppia perché il “legame” diventa” legami”, ossia una gabbia.
La manipolazione per avvenire ha bisogno di due elementi: un soggetto ha bisogno di approvazione, l’altro ha bisogno di avere ragione. Una delle forme di violenza psicologica che si può realizzare è il gaslight, ossia indurre l’altro a vacillare circa le sue certezze, la sua identità.
La persona che viene manipolata e attaccata nelle sue sicurezze viene uccisa piano piano, come quando si bolle una rana, una morte lenta.1
Cosa mantiene attivo questo comportamento:
• la paura dell’apocalisse emotiva che potrebbe scaturire dalla possibilità di perdere la persona amata
• Il desiderio di fusione, che conduce il dipendente a evitare anche il minimo contrasto, per il timore che quel contrasto possa rappresentare una rottura
• la trappola dell’empatia compulsiva che conduce il dipendente a ignorare i propri sentimenti e le proprie percezioni e a mettere in primo piano quelle del manipolatore (non vado in palestra perché il mio ragazzo è geloso, mi sintonizzo con la sua gelosia e comprendo la sua sofferenza).
In un’era digitale e nel difficile limite di demarcazione tra droga e amore tipica del disturbo di dipendenza affettiva, anche il web sarà usato come strumento di elezione per il controllo costante e ossessivo dell’altro, alimentato dal timore di essere lasciato o abbandonato dall’altro.
1 LA SINDROME DELLA RANA BOLLITA (Noam Chomsky, “Media e Potere”)
Immaginate un pentolone pieno d’acqua fredda nel quale nuota tranquillamente una rana.
Il fuoco è acceso sotto la pentola, l’acqua si riscalda pian piano. Presto diventa tiepida. La rana la trova piuttosto gradevole e continua a nuotare.
La temperatura sale. Adesso l’acqua è calda. Un po’ più di quanto la rana non apprezzi. Si stanca un po’, tuttavia non si spaventa.
L’acqua adesso è davvero troppo calda. La rana la trova molto sgradevole, ma si è indebolita, non ha la forza di reagire. Allora sopporta e non fa nulla. Intanto la temperatura sale ancora, fino al momento in cui la rana finisce – semplicemente – morta bollita.
Se la stessa rana fosse stata immersa direttamente nell’acqua a 50° avrebbe dato un forte colpo di zampa, sarebbe balzata subito fuori dal pentolone.
Bibliografia
• ROBIN STERN, Non mi puoi manipolare. Riconoscere e difendersi dagli abusi emotivi
- TEA (Tascabili degli Editori Associati), Milano 2011 -