Convivere col diabete vuol dire prima di tutto essere seguiti da un team di figure professionali che si interfaccino costantemente col paziente e tra loro (medico, diabetologo, nutrizionista, psicologo).
Questa prospettiva va tenuta in seria considerazione, in particolar modo in casi di incapacità di adesione a regimi dietetici restrittivi, desiderio di zuccheri in soggetti insulino-dipendenti, o più generalmente difficoltà di gestione del rapporto col cibo.
Quali sono le connessioni tra cibo e diabete?
I temi predominanti connessi al cibo, ruotano intorno ai concetti di spazio, di tempo, di controllo e di libertà. Il cibo non è soltanto la nostra fonte di nutrimento, ciò che ci consente di assumere un certo carico energetico, ogni giorno, ma si rende anche veicolo di molte informazioni e significati che noi stessi gli attribuiamo in base ai nostri vissuti e alle nostre modalità di interazione con la realtà circostante. Ci sono persone che non sentono di avere il “controllo“ sulla realtà che le circonda e utilizzano il cibo per sperimentare la sensazione di averne, per cui decidono quanto mangiare, quando non avere più fame, cosa assumere, da cosa non farsi attrarre. Ci sono altre persone per cui il cibo diventa un “surrogato“ di qualcosa o anche di qualcun’altro - “ mi sento terribilmente sola, mangiare mi fa sentire coccolata e amata”, o ancora: “ la mia vita non mi soddisfa, sono frustrata, solo quando mangio scateno la mia rabbia e sento dentro di me una voragine che non trova sazietà”.
Ci sono casi in cui, il cibo rappresenta una forma di manipolazione, sugli “altri significativi”, in particolare, per ottenerne l’affetto o le attenzioni (adolescenti, pre-adolescenti).
Il cibo può riempire un vuoto interiore, o anche servire come strumento per “ svuotarsi “ di vissuti ed emozioni, che non riescono ad esprimersi in altre modalità.
Una persona affetta da diabete, sottoposta costantemente ad un regime alimentare controllato e rigido, può trovare piacevole trasgredire qualche regola ogni tanto e scatenare in quel momento tutta la sua componente ribelle, quella parte di sé che normalmente è inibita, perché attenta a rispettare i dosaggi e le indicazioni mediche, i regimi dietetici restrittivi.
Un adeguato percorso di psicoterapia, si concentrerà proprio sul significato personale che il paziente associa al cibo.
Si condurrà il paziente alla coscientizzazione circa il suo stato d’animo, prima di mangiare un dolce ( gioia, desiderosa attesa del piacere) e su come si sente dopo (c’è ancora la gioia o prevalgono i sensi di colpa?).
La riflessione su questi aspetti conduce il paziente diabetico ad una maggiore chiarezza nel proprio bagaglio emotivo, per riuscire a cogliere gli aspetti “coperti“ dall’apparente ricerca di dolci o dalla mancata adesione a regimi restrittivi, o dalle abbuffate.
E’ umano che il nostro desiderio si accanisca verso quello che non possiamo avere ma occorre potenziare le proprie risorse, invece che concentrarsi sui propri limiti, per avere sempre uno sguardo positivo e costruttivo al domani.
Sul piano comportamentale, stare all’aria aperta e fare sport o movimento con l’acquisizione di uno stile di vita più sano, induce a cambiare atteggiamento anche sul piano alimentare.
MEDICINA & PROFESSIONISTI DELLA SALUTE
Simona Novi - psicologa, psicoterapeuta