Un caso clinico
<< Ogni giorno prima di entrare a lavoro, nel parcheggio della mia azienda, sento un nodo alla gola, ho la tachicardia, sudo, tremo, ho paura di quello che potrà accadermi. Ieri il permesso ferie negato, domani il saluto respinto, ora la riunione dove non vengo convocata.
Mi sento sola, irrimediabilmente sola e isolata, ho voglia di abbandonare tutto… e il momento peggiore è quando sono a casa perché resto in uno stato di costante tensione, ripensando alle cose accadute e agli attacchi e ai soprusi che ancora potrò e dovrò ricevere... cosa posso fare? >>
Parlando di mobbing, trovo più semplice partire dal dire cosa non sia il mobbing:
- Non è una singola azione in cui siamo stati criticati anche duramente dal nostro capo, consiste in una serie ripetuta di atti vessatori, che si presentano per almeno una volta a settimana per un periodo di almeno sei mesi.
Prima di capire se anche tu sei vittima di mobbing, devi incominciare a osservare e ascoltare non solo gli altri (il mobber, gli spettatori attivi) ma anche te stesso e i tuoi comportamenti. Il mobbing è un fenomeno complesso, difficile da dimostrare, rappresenta un attacco alla persona nella sua interezza: nel suo ruolo professionale, nel suo potere decisionale, nella sua capacità di influenzamento sugli altri, nella sua dignità e salute fisica e mentale. È un fenomeno con tante sfaccettature, una forma di terrore psicologico, di aggressività persecutoria esercitata sul posto di lavoro e canalizzata su una persona in particolare.
La parola deriva dall’inglese ”to mob”: accerchiare, assalire. È stata utilizzata per la prima volta nell’ambito dello studio sul comportamento degli animali, che, quando un altro membro del branco diventa scomodo, si coalizzano tra loro e tendono ad espellerlo. La stessa cosa accade nell’ambito del lavoro tra esseri umani, lo scopo ultimo dell’applicazione del mobbing è quello di generare un’azione distruttiva che conduca il mobbizzato ad abbandonare il lavoro, per sua volontà o perché licenziato.
Il mobbing è un fenomeno difficile da capire specie per chi ne è vittima; dobbiamo allo psicologo tedesco Ege, non solo il merito di aver introdotto la denominazione del fenomeno in Italia, ma anche di averci delucidato sulla successione di alcune fasi.
È probabile che il terreno predisponente al mobbing sia rappresentato da un livello di conflittualità aziendale diffusa ma fisiologica, molto comune nei contesti lavorativi, che, tuttavia, non si identifica con il mobbing vero e proprio.
Quando la conflittualità si canalizza su un soggetto, il conflitto da fisiologico diventa patologico e mirato su un singolo individuo, attuato non per emergere sull’altro ma per distruggerlo. A questa fase segue quella di inizio del mobbing vero e proprio con la prima manifestazione della sintomatologia psicosomatica (difficoltà a dormire di notte, disturbi a carico dell’apparato digestivo e respiratorio). È inoltre probabile che la vittima si senta ancora più sola e angosciata, quando si vedrà costretta, dalla stessa amministrazione, ad abbandonare il suo ufficio, trasferendosi in un altro oppure perché verrà sollecitata ad un periodo di ferie o di aspettativa. Ciò conduce ad una esacerbazione della sintomatologia psicosomatica, fino ad arrivare a situazioni in cui la vittima stessa si sentirà colpevole del disagio inflittole.
Come interrompere questo vortice vessatorio?
Se credi di essere vittima di mobbing, esci dal circolo vessatorio, chiedi aiuto (rivolgendoti a un legale e a uno psicologo) , presta attenzione a tutto ciò che accade, registrando su un diario gli avvenimenti più salienti di cui sei vittima e smettila di sentirti in colpa, la consapevolezza che acquisirai sarà il primo elemento sul quale ricostruire te stesso.
Bibliografia
- Ege H. Che cos’è il terrore psicologico sul luogo di lavoro. Pitagora Editore, Bologna 1996