<<… Cammino per strada. Vedo un bel vestito, vorrei comprarlo per la festa di stasera. Ma a cosa serve? Io sono orrenda, non troverò mai un uomo, resterò sempre sola. Mamma dice che sono una fallita, ha ragione … Cosa avranno mai quei ragazzi da ridere …. e la commessa, perché mi ha lanciato quello sguardo di sdegno? È tutto inutile, ho deciso, non vado alla festa, resto a casa con mamma. Mi guardo allo specchio, ma sono davvero io quel lottatore di sumo, che vedo riflesso?
Che bello sarebbe se domani potessi svegliarmi nel corpo di un'altra, vorrei che un'altra vivesse nel mio corpo. La dottoressa mi dice che non voglio svincolarmi da mia madre, ma lei non capisce, mia madre ha ragione! Che mi importa di resistere, io voglio mangiare, io sono solo un'obesa>>.
L'approccio integrato all’obesità si propone di focalizzare l’attenzione sul paziente, nei suoi aspetti fisici e psichici, per poter implementare un approccio terapeutico efficace. Infatti, se da un punto di vista organico, è di frequente riscontro, nella pratica clinica, la correlazione tra obesità e sindrome metabolica o diabete; da un punto di vista psicologico, sarà essenziale per il clinico, l’indagine sulle motivazioni sottese, che conducono all’adozione di uno stile di vita disfunzionale e delle caratteristiche di personalità che incidono nel mantenimento del disturbo.
Da un punto di vista psicologico, è nota l’associazione tra obesità e disturbi dell’umore (disturbi depressivi, disturbi bipolari), disturbi dello spettro ansioso (ansia generalizzata, panico, fobia sociale) e disturbi dell’alimentazione come BED o disturbo dell’alimentazione incontrollata e NES ovvero Night Eating Syndrome.
Dal punto di vista della personalità, spesso gli obesi appaiono insicuri, il cibo, infatti, è da loro generalmente vissuto come fonte di protezione. Risultano poco attivi e sono affettivamente dipendenti dalle figure genitoriali. Spesso, per colmare i loro vuoti affettivi, sono predisposti ad assecondare i bisogni degli altri. Frequenti sono i vissuti di scarsa autostima, di pretesa affettiva e di dipendenza da stimoli esterni. Questi soggetti sentono di essere scarsamente incisivi sull’ambiente circostante, per cui si sentono spesso impotenti e inadeguati. In un contesto emotivo di queste caratteristiche, si instaurano dei meccanismi compensativi come l’assunzione compulsiva di cibo, che ha la finalità di fare da contenitore all’angoscia e all’insicurezza sottostanti.
Nel trattamento dell’obesità, per ogni paziente obeso, sarà necessario un inquadramento psicopatologico preliminare. Ad esempio, sarà necessario valutare la comorbosità con un disturbo psichiatrico e considerare le caratteristiche personologiche che possono condizionare in maniera dis-adattiva il paziente, rispetto a sé stesso e al suo contesto di vita.
Pare, ovvio, che le informazioni così ricavate, oltre che essere importanti da un punto di vista diagnostico, rappresentino il substrato su cui formulare l’intero programma terapeutico, all’interno del quale sarà possibile considerare anche l’eventualità di un intervento psicoterapeutico.
E’ noto come l’approccio psicoterapeutico non sia adatto a tutte le tipologie di pazienti, perché non tutti sono in grado di accedervi ottenendo gli stessi vantaggi. Sarà lo psicologo-psicoterapeuta ad individuare l’approccio più adatto alle caratteristiche dello specifico caso clinico: individuale, di gruppo, familiare oppure cognitivo-comportamentale?
Particolare rilevanza stanno assumendo, negli ultimi anni, le esperienze di gruppi di auto-aiuto.
Il primo passo sarà quello di aiutare il paziente obeso a connettere la sua sindrome con la dimensione psicologica sottesa.
MEDICINA & PROFESSIONISTI DELLA SALUTE
Simona Novi - psicologa, psicoterapeuta