In seguito al propagarsi dell’epidemia da Covid-19, i professionisti sanitari si trovano ad affrontare un’emergenza che ha colto tutti di sorpresa,
determinando uno stravolgimento degli abituali stili e ritmi di vita, imponendo, nell’ambito clinico, la necessità di adottare nuove modalità di pratica clinica a distanza, attraverso l’ausilio di skype e videochiamate tramite whatsapp.
La maggior parte dei medici sta rispondendo a questi cambiamenti repentini e totalizzanti con spirito di abnegazione e tenacia, tirando fuori il meglio di sé. Ma non bisogna trascurare il fatto che gli eventi ineluttabili, come questo, scatenano nell’animo umano emozioni molto intense e dirompenti, in quanto ci pongono di fronte al nostro senso di impotenza e all’impossibilità di controllare ciò che ci circonda.
Dunque è opportuno domandarsi: quali conseguenze provocherà a livello psicologico la sovraesposizione a tali situazioni traumatiche? in che misura gli stravolgimenti apportati incideranno sull’equilibrio psichico dei professionisti sanitari?
Dal punto di vista psicologico il coronavirus si configura come il nemico invisibile; in quanto tale, si identifica in un evento ad elevato impatto emozionale capace di indurre in noi una molteplicità di emozioni difficili da gestire. All’inizio lo respingi, non lo accetti, lo neghi, ti difendi illudendoti che sia un’esagerazione... poi subentrano una serie di emozioni: la rabbia, per tutti gli obiettivi programmati che gradatamente osservi impotente sgretolarsi, la paura per quelle che credevi solide certezze che iniziano a vacillare. A queste emozioni si accompagna la tristezza, che può intensificare le sue sfumature, tramutandosi in sconforto, fino ad arrivare alla depressione, generata dalla consapevolezza che nulla sarà mai come prima.
Come gestire questo turbinio di emozioni contrastanti?
La reazione alle circostanze della vita è strettamente individuale: ognuno di noi adotta un proprio stile di interpretazione e, successivamente, di reazione nei confronti degli eventi stressanti.
Dal punto di vista psicologico, il primo passo consiste, senza dubbio, nell’interrompere gli iniziali meccanismi difensivi, accettando l’evento Covid-19 e con esso tutte le conseguenze che ne deriveranno, adoperandosi per non avere paura della propria paura, ma anzi cercando di usarla al fine di proteggersi.
Sappiamo infatti che la paura è un’emozione primaria potente e utile, selezionata dall’evoluzione della specie umana per consentirci di prevenire il pericolo e fronteggiare situazioni di emergenza. In altre parole, se non la provassimo non riusciremmo a metterci in salvo dai rischi, non resteremmo a casa, non indosseremmo la mascherina e i guanti, non metteremmo a repentaglio tutte le nostre sicurezze economiche, non rimoduleremmo la nostra pratica clinica. Quest’emozione, però, si rivela vantaggiosa fin quando è mantenuto l’equilibrio tra paura e rischio oggettivo, perché, quando supera la soglia funzionale e di adattamento, la paura può tramutarsi in panico. In quel caso è la paura che ci sovrasta e non siamo più noi che la usiamo, al fine di tutelarci. In questa fase, è possibile che si attivino meccanismi compensatori negativi - strategie di coping disfunzionali - come:
• eccedere nel fumare sigarette o nel bere alcolici;
• adottare condotte di abuso di farmaci ansiolitici o ricorrendo anche a sostanze d’abuso.
In altri casi si può invece assistere ad una reazione di chiusura, di immobilismo, di regressione, di abbandono del campo di azione in passiva attesa che tutto possa finire al più presto. Tali condotte sono parimenti da attenzionare, perché potrebbero essere indicative dello strutturarsi di un disturbo da stress acuto.
Cosa si intende per Disturbo da stress acuto?
Non siamo di fronte al burn-out, ma tale disturbo va contestualizzato nei “Disturbi correlati a eventi traumatici e stressanti” del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali dell’APA (DSM-5). Esso si configura come reazione immediata rispetto all’esposizione ad una minaccia per la vita. Non avendo le caratteristiche di un disturbo consolidato, in quanto insorgente nell’immediatezza del trauma, può manifestarsi con una reattività aspecifica la cui evoluzione non è facilmente prevedibile.
Come prevenire situazioni da stress acuto?
Il medico esposto al trauma, costretto spesso a intervenire in situazioni di precarietà, si trova a essere disarmato, in piena solitudine, senza nessuna sicurezza e garanzia. È fondamentale allora nell’emergenza attivare azioni di monitoraggio e di attenzione alle problematiche psicologiche degli operatori: questi non possono essere lasciati soli, hanno bisogno sin da subito di sostegno psicologico, sia nell’immediatezza degli eventi stressanti sia nel post-trauma.
L’operatore sanitario vive, infatti, un trauma nel trauma; da un lato è esposto in maniera diretta al rischio del contagio proprio e quindi anche dei sui familiari, dall’altro in maniera indiretta assiste alla sofferenza dell’altro, sentendosi spesso inerme e frustrato.
Gli operatori sanitari non possono essere lasciati soli, prevenire l’insorgenza di disturbi da trauma vuol dire innanzitutto, essere sostenuti:
• nel rafforzare il senso di sicurezza e di fiducia nel poter superare la crisi;
• nell’alleggerire le angosce di morte;
• nell’apprendere idonee strategie di coping.
Come prevenire situazioni da stress acuto?
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Bibliografia
- Pellegrino F., La salute mentale, clinica e trattamento, Edizioni Medico Scientifiche, Torino, 2018
- American Psychiatric Association Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali DSM5, Raffaelo Cortina Editore, 2015